Sono trascorsi pochi giorni dalla sentenza della Corte costituzionale italiana in merito alla possibilità di adozione, per i non coniugati – i single –, di bambini stranieri. Troppo poco il tempo per una riflessione accurata, ammesso che un clinico sia di fatto chiamato a formularne una universale, dunque a scapito del singolare.
Vogliamo prendere, però, questo passaggio legislativo come spunto per ritornare sul tema della famiglia e delle sue trasformazioni nella modernità. Per la psicoanalisi la famiglia è un tema centrale; lo è stato per Freud e, di conseguenza, per Lacan, fin da I complessi familiari [1]. Qui emerge una lettura che privilegia ancora l’intersoggettività e il tema della trasmissione sul versante culturale. Com’è noto, per Lacan il concetto di famiglia non è estraneo a delle elaborazioni teoriche, tra cui è d’obbligo considerare la messa in logica dell’Edipo nel Seminario V [2]. Da quel momento non si parla più soltanto di genitori e di bambini con la loro psicologia, ma di quattro funzioni logiche [3]: M, B, NdP, φ su cui si sostiene la vicenda edipica secondo Lacan.
Che ne è di queste funzioni, oggi? Di certo, tali funzioni, nel tempo e grazie allo sfilacciamento del simbolico, hanno perso molto della loro operatività nel discorso sociale. La famiglia – sembiante e supporto nella realtà di tali funzioni logiche – è ora polimorfa, mutevole, liquida. Dalla conquista del divorzio alle adozioni internazionali; dalle “famiglie allargate” – che negli ultimi decenni del Novecento facevano scandalo – alle più recenti famiglie omogenitoriali o monogenitoriali. Il significante “famiglia” è diventato un termine-ombrello.
Il lavoro di Lacan, dall’Edipo freudiano fino al di là dell’Edipo, ci permette oggi di intercettare ancora tali funzioni, nonostante l’odierna mutevolezza del legame familiare a livello fenomenologico, ma nella loro trasformazione e reinvenzione. La famiglia monoparentale è per noi di particolare interesse, anche solo per un primo inquadramento delle novità legislative.
Marie-Helene Brousse preleva dall’insegnamento di Lacan il termine LOM [4], di cui si serve per situare le trasformazioni familiari che popolano la modernità. Il LOM, secondo tale lettura, è l’essere parlante che si situa dal lato maschile delle tavole della sessuazione; per il bambino, è il parente indifferenziato, singolo nella sua solitudine. È in rapporto con il bambino, ma non in rapporto con un altro. Entro siffatta configurazione familiare, caratterizzata dalla monoparentalità, cosa fa funzione di legge, chi si incarica di farsi supporto del Nome-del-Padre? Un riferimento al Seminario XXI può permetterci di abbozzare una risposta: il Nome-del-Padre viene oggi sovente sostituito dall’«ordine di ferro» [5]. Sembra, dunque, che per il LOM – e per la famiglia che si trova ad abitare – la funzione simbolica della Legge possa essere sostenuta dalle leggi del sociale, ovvero dall’impianto legislativo dello Stato. È opportuno precisare che tale versione della legge è, a differenza del Nome-del-Padre, una legge universale. Per ciò, essa esercita la funzione simbolica a cui è chiamata, ma in modo anonimo; ciò che manca è, infatti, un desiderio dell’Altro che abbia nome proprio, dunque una testimonianza incarnata di un possibile tra Legge e desiderio. Le configurazioni familiari della modernità – tra le quali vi è quella della famiglia omogenitoriale – testimoniano come tale articolazione richieda oggi invenzioni e annodamenti inediti e, per questo, particolari.
[1] J. Lacan, I complessi familiari nella formazione dell’individuo [1938], in Altri scritti, Einaudi, Torino 2002.
[2] J. Lacan, Il Seminario, Libro V, Le formazioni dell’inconscio [1957-1958], Einaudi, Torino, 2004.
[3] Ivi, p. 161.
[4]M.H. Brousse, Modo di godere al femminile [2021], Rosenberg & Sellier, Torino, p. 27, 2021.
[5] J. Lacan, Le Seminaire. Livre XXI. Les non-dupes errent [1972-1973], inedito, lezione del 19/03/1974.