La proliferazione delle pratiche di consumo assume una rilevanza notevole nell’economia libidica della famiglia contemporanea. Apparati tecnologici, sostanze, shopping più o meno compulsivo e tutto ciò che il mercato offre.
La parola e il desiderio circolano meno nell’epoca del gadget e dell’addiction. Capita di ascoltare coppie parentali decisamente al passo coi tempi: padri dediti all’uso dei cannabinoidi, madri alle prese con i sex-toys, una certa disinibizione nei confronti del porno. C’è un determinato impegno genitoriale nei confronti del proprio soddisfacimento in famiglie con pochi segreti, dove tutto si svolge sotto la luce del sole. Succede poi che i figli inizino ad usare e abusare degli stessi oggetti, a volte insieme ai genitori, con cui si può arrivare a consumare e vendere droghe, dedicandosi a delle nuove attività genitori-figli.
Miller nota che “la famiglia è essenzialmente unita da un segreto, è unita da un non-detto […] è sempre un segreto sul godimento. Di cosa godono il padre e la madre?” [1]. Viceversa, la mancanza di un velo sul godimento genitoriale mette fuori gioco la possibilità di interpretare la soddisfazione nascosta tra le pieghe del discorso, tenuta celata nei silenzi, poiché a mancare è proprio il discorso, sostituito dalle attività di consumo. Al reale della famiglia viene meno il supporto del funzionamento discorsivo e si installa una trasmissione diretta del godimento, in un rapporto privilegiato con l’oggetto. L’ordinamento familiare, passato dal padre al capitalismo, perde sempre di più l’essenza, come formazione umana, di porre un freno al godimento [2].
Miller indica che il sintomo si definisce come sostituzione di un godimento rifiutato, la castrazione veicola questo rifiuto spostando il godimento su un altro piano, quello della legge del desiderio – il piano simbolico – in cui “l’operatore essenziale […] è il linguaggio stesso” [3]. Se nel legame familiare il gadget ha un posto predominante rispetto al dire viene a mancare la funzione simbolico-metaforica che istituisce una perdita. Ciò spinge a un più-di-godere sconnesso dal campo dell’Altro che ha come possibile conseguenza quella di inchiodare il soggetto alle pratiche trasmesse in famiglia e a degli oggetti qualsiasi disponibili sul mercato, che non gli assegnano nessuna particolarità né un posto speciale ma che impongono un comando imperativo che spinge all’agito più che alla formazione dei sintomi.
Lacan nel ’38 nota la contrazione della famiglia moderna in cui la complessità viene condensata in un numero ridotto di elementi; tale contrazione si è radicalizzata a tal punto che Eric Laurent ha formulato la famiglia moderna in termini di olofrase “per farvi valere la funzione dell’Uno ‘da solo’” [4].
[1] J.-A. Miller, Introduzione alla clinica lacaniana, Astrolabio, Roma 2012, p. 211.
[2] J. Lacan, Allocuzione sulle psicosi infantili, in Altri Scritti, Einaudi, Torino 2013, pp. 359-360.
[3] J.-A. Miller, Bambini violenti, in GRIM, Gruppo di Ricerca Minori, in Adoviolenza. La psicoanalisi e la violenza degli adolescenti, a cura di P.Bolgiani, Rosenberg & Sellier, Torino 2020, p. 14.
[4] E. Laurent, Istituzione del fantasma, fantasmi dell’Istituzione, in La Psicoanalisi n. 59, Astrolabio, Roma 2016, p. 27.