Quando Monica Buemi mi ha proposto di inviare uno scritto a PIPOL, stavo terminando di giocare a God of War: Ragnarök (2022). La storia di questo videogioco narra di Kratos e della relazione con suo figlio. Nei giochi precedenti, Kratos era uno spartano che, dopo aver distrutto completamente il pantheon greco e con quell’atto posto fine al mondo greco, fugge verso terre del nord dove forma una famiglia. Lì deve relazionarsi con suo figlio dopo la morte della moglie, tra scontri con i figli di Thor, Baldur e altri dèi. Il bambino si trasforma progressivamente in un dio e lui, a sua volta, si umanizza sempre di più.
In questa storia mi è sembrato di individuare un tipo particolare di fantasma che potrebbe elevarsi allo status di modello per via della sua ripetizione nei videogiochi. Si moltiplicano le narrazioni di un adulto, solo, violento e traumatizzato dal passato, che si affeziona a un minorenne e lo adotta come figlio. Altri esempi sono: The Last of Us (2013), The Witcher 3:Wild Hunt (2015), The Walking Dead: Season 1 (2012), Horizon Zero Dawn (2017), Detroit: Become Human (2018), Red Dead Redemption 2 (2018).
Queste storie ripetono una struttura particolare: un adulto forte e protettivo, protagonista di una vicenda nella quale si fa carico di un minorenne, il quale, nel corso dello sviluppo narrativo, cambia grazie alla relazione con l’adulto e vive al contempo un “coming of age”. L’adulto assume il ruolo paterno proteggendo il minore dalle avversità. La relazione consanguinea non è un requisito necessario.
La tensione permanente tra le pulsioni e le esigenze culturali appare irresolubile se non fosse per la famiglia. Detto diversamente, la famiglia si configura come un sintomo che permette di intervenire sul disagio culturale. La Sacra Famiglia ha offerto una possibile risposta per cullare l’emergere del soggetto. Pur essendo una risposta alquanto fragile e problematica, ha funzionato per molti anni. La famiglia tradizionale borghese è erede di quel presepe costituito da almeno tre figure.
Tuttavia, questa famiglia non è necessariamente né sacra né composta da tre elementi. Oggi perfino gli animali iniziano a essere inclusi come risposta al disagio. La famiglia in quanto sintomo è una costruzione “uno per uno” (sebbene, in quanto istituzione, trasmetta certe coordinate reali e si riproduca in ogni istanza). Non avrebbe senso cercare di indovinare a quale funzione si identifichino i giocatori, ma possiamo supporre che alcune delle funzioni del così detto presepe (Madre, Padre, figlio, fallo) entrino in gioco, anche se il numero delle figure può variare.
Le nuove tecnologie incidono sul modo di trattare il reale all’interno dell’istituzione familiare. Esse ci permettono di cogliere qualcosa di un cambiamento epocale. Con “nuove tecnologie” intendo un ampio spettro di fenomeni che toccano il corpo, i legami sociali, l’impiego del tempo, l’impatto della scienza sugli esseri umani e i suoi effetti.
Senza cadere nella fascinazione del nuovo o nella nostalgia del passato, mi sembra interessante osservare queste mutazioni e il loro impatto in ambito clinico.