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Pipol 12
Home Trasmissione/Strappi

Ghirlande di parole – Elena Madera

by Elena Madera
20 Febbraio 2025
in Trasmissione/Strappi
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“È passata […] l’infanzia, i cui ultimi residui mi cadono di dosso come scaglie di pelle ustionata dal sole, sotto la quale traspare un’adulta sbagliata e improbabile. Leggo dal mio quaderno di poesia, mentre la notte passa davanti alla finestra, e senza che io me ne renda conto l’infanzia cade in silenzio sul fondale della memoria, che è la biblioteca della mente, dalla quale attingerò conoscenza ed esperienza per tutto il resto della mia vita” [1].

Tove Ditlevsen ci prende per mano e ci fa scoprire la sua “Infanzia”, la prima delle tre parti della sua autobiografia.

Sullo sfondo, una Copenaghen del dopoguerra, dove la povertà e la disoccupazione mettono a dura prova la società. La “depressione mondiale”, uno dei buchi lasciati dalla guerra, colpisce anche gli abitanti di Istedgade, un quartiere operaio dove, di notte, tra ubriaconi con la testa fracassata, insanguinata e prostitute, urlano “sirene delle auto della polizia e ambulanze” [2].

In primo piano, il ritratto della famiglia di Tove, in cui vediamo come “La famiglia è anche il luogo privilegiato dove si esprime il malessere della civiltà” [3]. I ruoli tradizionali sono stravolti: il padre non ha più un lavoro e la madre deve fare continue invenzioni per poter governare con dignità il focolare domestico. Stipati in un piccolo appartamento, la vita è una sopravvivenza per Tove e suo fratello. Il loro destino era già scritto: per il ragazzo avere un lavoro e per la ragazza trovare marito e avere figli.

Tove ci racconta come questo malessere si traduce in lei: “Non capendo da dove mi venisse quell’umore sempre più nero, pensavo di essere stata colpita da quella famosa « depressione mondiale »” [4].

Da bambina l’avvolgeva una profonda angoscia.

Di giorno era in balia dell’oscura e imprevedibile collera di sua madre; con lei, “un’estranea misteriosa” [5], Tove ha un rapporto intenso e doloroso. Trascorrerà tutta la sua vita in cerca di un segno d’amore da parte sua.

Tove scopre molto presto strisciare dentro di sé “paroloni strani” [6] che tessono una membrana protettiva. “Quando queste onde chiare mi scorrevano dentro, sapevo che mia madre non poteva farmi più nulla, perché in quel momento perdeva ogni importanza per me” [7].

Di notte soffriva di incubi: “lunghe braccia nodose […] cercano di avvolgersi intorno al mio collo” [8], che solo la presenza silenziosa del padre poteva far dissolvere.

Nonostante lei non abbia mai provato affetto per lui, il padre trasmette a Tove la passione per i libri, oggetti proibiti dalla madre, che la strappano dal terrore della sua vita quotidiana.

Percepiamo la meraviglia di Tove quando per la prima volta va in una biblioteca: “ammutolisco dallo stupore nel vedere una tale quantità di volumi radunata in unico luogo” [9]. Sentiamo il grido deciso di gioia: “Voglio fare la scrittrice!” [10], quando riceve il suo primo libro di racconti da suo padre.

Sua madre le regala un taccuino con la scritta in copertina, Poesia in lettere d’oro. Lo porterà sempre con sé come se “fosse una parte di me, fremente e viva” [11].

Tove potrà ora dare forma alle “ghirlande di parole” [12] che danzano dentro di lei e che non può dire a nessuno.

Ci racconta del suo incontro con la poesia, che diventa una necessità, la sua soluzione singolare, il suo sinthomo, una delicata “pelle nuova” [13] che copre i buchi lasciati dal malessere della sua famiglia [14].

 

[1] T. Ditlevsen, Trilogia di Copenaghen, Fazi, Roma 2024, p. 113

[2] Ivi, p. 27.

[3] K. Langelez-Stevens, Disagio nella famiglia, argomento PIPOL 12, disponibile sul blog, https://www.pipolcongres.eu/argument/.

[4] T. Ditlevsen, Trilogia di Copenaghen, cit., p. 79.

[5] Ivi, p. 21.

[6] Ibidem

[7] Ivi, p. 22.

[8] Ivi, p. 27.

[9] Ivi., p. 64.

[10] Ivi, p. 36.

[11] Ivi, p. 104.

[12] Ivi, p. 43.

[13] Ivi, p. 78.

[14] A questo proposito, si veda la creazione poetica, “la Cosa” e il malessere nella cultura, Cf. J. Lacan, Il Seminario, libro VII, L’etica della psicoanalisi, testo stabilito da J.-A. Miller, Einaudi, Torino 2008, p. 165-189.

 

Traduzione: Elena Madera

Rilettura: Rita Ungania

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